respira
in queste pieghe incustodite
un lampo di luce
come nuova promessa
in attesa
attraverso una finestra aperta
ti percepisco
accanto a me
la mite lunghezza
del tuo corpo
che si muove col suono
delle gocce sulle foglie

quando mi chiedi
dove sono stata
ho vissuto
nella rugiada del mattino
sulle foglie,
nello spazio
tra le tue dita e lo spazio
tra un respiro
e un espiro.
in quel momento di silenzio
tra il rispondere al telefono
e il pronto,
nella bellezza
di finire un buon libro.
sto imparando
ad abitare
i piccoli spazi,
come quando finalmente sei a casa
e ti siedi
ed espiri
in un attimo dove si può vivere.
quando mi chiedi
dove sono stata
rispondo in giro
la campagna fuori dalla camera da letto
illuminata da una curva sottile
le candele si piegano lentamente
riprendono fiato
nello sbadiglio del vento
i fili di un quarto di luna riempiono il cielo d’argento
sospiri morbidi di luce liquida
e passi, sconosciuti o imminenti
riuniti su una piattaforma, imbarcati su treni
verso il nulla, o nuovi luoghi, o vecchi pensieri
forse estranei sulla strada
in tutte le direzioni,
con
in mezzo
la distanza
cara principessa dalle palpebre pesanti,
quanto tempo è passato da quando
hai dormito quanto tempo è passato da quando
non hai chiuso occhio da quanto tempo
le stelle non ti chiamano per nome da quanto tempo
non sono in guerra con il tuo sangue e il tuo corpo quanto è passato
da quando le comete non ti attraversano la spina dorsale
lasciando scie viola quanto tempo è passato
dal momento in cui la luna non è questo malinconico occhio
che ti perseguita le vene e la pelle da quanto tempo
il tuo sonno odora di acqua piovana, petricore che raggiunge il petto
da quanto tempo principessa, quanto tempo è passato
da quando i cieli restavano in silenzio da quanto tempo
le margherite non spuntano come sogni nel tuo giardino
che le rose stridono le loro spine sulla pietra quanto tempo è passato
dall’ultima volta che ti sei sentita intera
penso sia egoista
l’aver confrontato
ogni bacio
ai tuoi
– ma come fai a catalogare la sofferenza in ordine alfabetico e permettere ad estranei di appendersi al cuore come funamboli disattenti –
ma le mani di nessuno
mai
hanno preteso
mai
di scavare questo deserto
come le
tue
neanche le
mie
ed è difficile non ricordarlo
perché sarai
sempre
colui che mi ha insegnato che si può essere
anche
tristi
Con le dita accavallate
mi hai guardata con occhi antichi
Ti sei accorta
che il mio cuore era incompleto
Ho riso un imbarazzo triste
che scivolava dalle labbra
Fino al nocciolo rosso
tra le mie mani
E ho detto non ho mai imparato ad allacciarlo.
Hai steso piano le falangi
scoppiettii tra le articolazioni
Ho capito che eri fuori allenamento
Su, dammi.
Uno, due orecchie di coniglio
sotto i polpastrelli di vetro
Non hai timore di intricare ancora di più i nodi
Un giro intorno all’albero,
come abbiamo fatto la scorsa estate.
Attraverso il buco
e abbiamo un fiocco ordinato.
E così, ecco fatto:
il mio cuore intrecciato al tuo.
a mia nonna